La
vita di Alfonso Maria Fusco Il beato Alfonso Fusco nacque alle ore
15.00 del 23 Marzo 1839, ad Angri, un paese in provincia di Salerno.
La sua nascita era stata molto desiderata ed attesa dai genitori,
Aniello Fusco e Giuseppina Schiavone, sposati già dal 1834 (
31-011834 ). I giovani sposi desideravano tanto un figlio e dopo
4
anni di matrimonio non avevano ancora avuto la gioia di una
gravidanza, essi si recarono a Pagani per chiedere l’intercessione
del Beato Alfonso Maria dei Liguori. Un Redentorista, Francesco
Saverio Pecorelli, li tranquillizzò dicendo loro che avrebbero
presto avuto un figlio. Aggiunse anche che il bambino si sarebbe
chiamato Alfonso e avrebbe avuto la vocazione al sacerdozio. E così
fu . Alfonso crebbe serenamente, educato con tenero affetto dai
genitori, i quali erano pieni di pietà religiosa. Presto giunse il
momento di pensare alla sua educazione scolastica primaria, per la
quale non esistevano scuole pubbliche. Così i coniugi Fusco
pensarono bene di affidare il loro primogenito a sacerdoti dotati di
buona cultura, i quali gli avrebbero anche garantito una educazione
cristiana. Tra i canonici che si presero cura dell’educazione del
Beato Alfonso M. Fusco ricordiamo Angelo Desiderio e Domenico
Falcone, i sacerdoti Luigi Scarcella e Pasquale Raiola e soprattutto
il canonico Gaetano De Angelis, che aveva battezzato Alfonso e gli fu
padrino alla cresima, amministratagli il 12 Giugno 1846 dal Vescovo
di Nocera, Monsignor Agnello D’ Auria. E’ molto probabile che
già in questo periodo il piccolo Alfonso abbia sentito la voce
divina che lo chiamava a consacrare la sua vita a Dio, ai poveri e ai
sofferenti. L’ambiente familiare denso di fede e carità,
influisce certo sulla formazione umana e spirituale del giovane
Alfonso. C’è un episodio relativo all’infanzia del piccolo
Alfonso che si testimonia la grandezza e la bontà d’ animo del
bambino. Una vicina di casa della famiglia Fusco, la signora Cristina
Russo, ha raccontato che in una giornata di Febbraio in cui il freddo
era particolarmente pungente, la madre di Alfonso lo vide uscire
dalla sua stanzetta con un fagottino di biancheria sottobraccio.
Pensò che il fanciullo volesse aiutarla nelle faccende di casa e
l’avvertì che non era quello il giorno del bucato. Allora Alfonso
le disse che quelle lenzuola voleva portarle ad un bambino,
Vincenzino, che era ammalato e aveva freddo. La signora Giuseppina fu
commossa e procurò alla madre di Vincenzino la stoffa necessaria
per le lenzuola . In un cuore buono la carità nasce presto e la
grazia non conosce età.
Ad 11 anni Alfonso aveva concluso gli studi
elementari ed entrò , il 5 Novembre 1850 , nel seminario di Nocera
per iniziare il ciclo di studi medi e superiori e diventare
sacerdote. Quando il Beato entrò nel seminario di Nocera dei
Pagani, era diretto dal vicario generale della diocesi, il canonico
Giuseppe Marino. Purtroppo non è possibile ricostruire il corso
degli studi di Alfonso poiché l’archivio del seminario andò
disperso in seguito al passaggio delle truppe di Garibaldi, nel 1860.
Nel Dicembre del 1855,Alfonso presentò al Vescovo la domanda per
ricevere i primi ordini sacri. Nello stesso mese, precisamente il 22
Dicembre, fu protagonista del rito della tonsura, che segnava il
passaggio da laico a chierico. Nel maggio dell’anno seguente fu
promosso all’Ostiariato e al Lettorato; solo nove mesi più tardi,
nel dicembre 1856, fu promosso all’ Esorcistato e nel giugno del
1857 ebbe l’Accolitato. Aveva ricevuto,quindi,tutti gli Ordini
minori. A partire dal 1860, dopo altri tre anni di studio, gli
vengono conferiti gli Ordini maggiori: il Suddiaconato e il
Diaconato. Infine, fu ordinato sacerdote dopo tredici anni di
seminario il 29 maggio 1863 dall’ arcivescovo di Salerno Mons.
Antonio Salomone nel suo oratorio di Avellino. Il Sogno Già durante
gli anni del seminario, il Beato aveva un’idea ben precisa,un sogno
da realizzare, per il quale egli si impegnò con infinito amore e
incredibile dedizione con tutte le sue forze. Il suo desiderio era
quello di occuparsi di tutti i bambini poveri e abbandonati che non
potevano contare su nessuna guida, né culturale né spirituale.
Durante il periodo trascorso in seminario il giovane Alfonso sognò
Gesù Nazareno che gli disse:“Alfonso, tu devi fondare un istituto
di suore, che chiamerai il Nazareno e un orfanotrofio maschile
e
femminile. Il suolo è già pronto, non hai che da fabbricare.
Appena sacerdote devi occuparti di questo.” Furono queste parole
che illuminano il cuore di Alfonso e lo spinsero a desiderare di
poter dare una possibilità ai poveri orfani abbandonati a se stessi
e alla strada, per poterli educare, per formarne le coscienze, per
insegnare loro un mestiere: accogliere ed amare i più piccoli e
sfortunati tra loro. Potrebbe sembrare una vera e propria utopia, ma
quando è Cristo a fare da guida, non ci sono ostacoli tali da
fermare la volontà divina. Un primo passo verso la realizzazione
del sogno si ha nel 1870 anno in cui, sfidando i molti pregiudizi,
Don Alfonso apre coraggiosamente le porte della sua casa paterna per
accogliere ed istruire gli orfani. Diede vita ad una piccola scuola
elementare gratuita, modello e presupposto del progetto futuro delle
Suore Battistine. Tutti i costi, per l’istruzione, per il vitto,
per gli indumenti, furono a carico del Beato Fusco. Era nata ad Angri
la prima scuola per i figli del popolo, primo luogo di educazione
cristiana e culturale accessibile a tutti. Il Fusco mirava a fare
dell’educazione uno strumento di promozione sociale, infatti nel
suo progetto didattico c’era spazio per l’educazione scientifica,
per la formazione cristiana e, naturalmente, per l’addestramento
professionale, al fine di garantire ai suoi orfanelli l’inserimento
nel mondo del lavoro. Il progetto del Fusco era di più ampie
prospettive: egli avrebbe voluto fondare un vero Orfanotrofio. Egli
manifestòil suo desiderio al suo superiore, padre Giuseppe Maria
Leone il quale, ben conoscendo il contesto socio-culturale di Angri,
lo incoraggiò ad attivarsi per realizzare il progetto che Dio gli
aveva messo nel cuore. Gli altri sacerdoti di Angri, invece, non
appoggiavano l’idea di Don Alfonso: probabilmente essi preferivano
stare tranquilli fra le mura domestiche di una famiglia benestante e
svolgere la funzione di precettore. Nonostante questi pareri
contrari, Don Alfonso continuò a pregare con grande fede il
Signore, affinché lo aiutasse a trovare i mezzi per realizzare il
suo sogno. L’aiuto di Dio non si fa certo attendere: una vedova di
Angri senza figli , Raffaella Graziano, donò la sua proprietà a
favore delle “orfane pericolanti”. Così, nel 1877 viene
inaugurato ad Angri l’orfanotrofio che ospitò quattro fanciulle e
quattro suore Compassioniste; il Fusco lo pose sotto la protezione
del quadro di Maria Addolorata. Col passar del tempo, però, don
Alfonso si accorge che non è quella la via della Provvidenza per
realizzare il sogno che l’accompagna fin dai giorni passati in
seminario. Per questo motivo, in accordo con la signora Graziano e
con le suore Compassioniste, si riprese il quadro e cessò la sua
collaborazione.
A
questo punto avviene un importante incontro: Don Alfonso conosce in
casa della vedova Graziano, una giovane fanciulla, Maddalena Caputo,
che desiderava consacrare la sua vita al Signore per aiutare i
bambini più bisognosi di Angri. Due persone che ardevano per lo
stesso sogno ed erano guidate dalla volontà del Signore, unirono le
loro forze per la realizzazione del sogno comune. Il Beato cercò
più volte l’approvazione del vescovo, Monsignor Raffaele
Ammirante, il quale mise
a dura prova la fede e l’umiltà del
nostro sacerdote prima di concedergli il permesso di fondare una
congregazione a favore dei bambini bisognosi e delle fanciulle a
rischio. Don Alfonso continuava a pregare, credere e sperare....aveva
immensa fiducia in Dio. Finalmente il vescovo diede il suo benestare!
Il parroco dell’Annunziata, Don G. Latterese, gli vendette la casa
che avrebbe ospitato il nuovo ordine, nella borgata di Ardinghi: un
caseggiato con un piccolo giardino. Alla giovane Maddalena si sono
unite, nel frattempo, tre compagne, animate dallo stesso ideale:
Colomba Marra, Generosa Cuccurullo e Maria Neve Gallo. Infine, il 26
settembre 1878,le quattro giovani, raccolte intorno ad un altarino di
occasione, su cui era collocato un crocifisso e il quadro di Maria
Addolorata, parteciparono all’Eucarestia celebrata da don Alfonso,
che diede inizio alla prima comunità dell’istituto. L’opera del
Fusco era portata avanti dalla sua carità cristiana, dal suo amore
per i poveri e dal desiderio di aiutare i più bisognosi: nonostante
ciò, alcune persone non vedevano con favore la nascita della nuova
comunità e gli abitanti del rione Ardinghi sollevarono addirittura
una ribellione cui aderirono il sindaco e altre autorità. La gente
rimproverava al Fusco di aver commesso l’impudenza di aver fondato
un’opera nuova e del tutto superflua, giacchè ad Angri esistevano
già le suore Compassioniste. Gli inizi, dunque, non sono per niente
facili, ma lo zelo ardente che animava le giovani fece loro superare
ogni lotta e difficoltà. La piccola comunità va avanti, crescendo
nel numero e nello spirito, secondo gli orientamenti di don Fusco.
Dopo due anni di intensa formazione spirituale,il 16 luglio 1880, il
vescovo Mons. Ammirante volle dare al Fusco e alla sua opera un nuovo
attestato di benevolenza e fu lieto di presiedere la cerimonia della
vestizione nella cappella della nascente istituto. Il vescovo
benedice i sei abiti che dovevano indossare le nuove suore: tra
queste fu designata Superiora Maddalena Caputo, che prese il nome di
Suor Crocefissa del Divino Amore. Il vescovo Ammirante, prima di
andar via, augurò alle suore di moltiplicarsi e di farsi sante con
la guida del Signore e di don Alfonso. Gli obiettivi che si
prefiggeva l’Opera appena fondata erano l’evangelizzazione,
l’educazione e la cura dei fanciulli e dei giovani poveri,
bisognosi e a rischio. Il nuovo Ordine fu chiamato “Ordine delle
Suore Battistine del Nazareno”, denominazione che veniva incontro
ai desideri del Fusco, che avrebbe voluto chiamarle semplicemente
“Nazarene”, e quello del vescovo, che voleva chiamarle
“
battistine” in onore di San Giovanni Battista, patrono di Angri.
L’abitazione che ospitava le suore viene chiamata “Piccola Casa
della provvidenza”. Un ruolo di primissimo piano svolse nella
“Piccola Casa della Provvidenza” suor Crocifissa, che non solo
educò nella verità della fede le ragazze abbandonate a se stesse,
ma le istruì, insegnando loro a leggere e a scrivere. Ella fu Madre
e Maestra insieme, il braccio forte di don Alfonso. Fin dall’inizio
della fondazione, don Alfonso intuì che era necessario far accedere
le suore a regolari corsi di studio, in modo che poi fossero in grado
di educare scientificamente e cristianamente gli orfani affidati alle
loro cure. A tale scopo don Alfonso aprì la prima casa per studenti
a Benevento, nella località chiamata Cortile dei Bagni. Il Beato è
finalmente felice e soddisfatto perché vedeva che la Provvidenza
benediceva i suoi sforzi
e le sue fatiche, le suore avevano
raggiunto un numero ragguardevole e anche il numero delle orfanelle
era aumentato considerevolmente. Anche se molti erano gli impegni in
cui don Alfonso spendeva le sue energie per la direzione del nascente
istituto, egli trovava il tempo anche per continuare ad esercitare
con zelo il suo ministero sacerdotale attraverso la predicazione, la
confessione e l’amministrazione dei sacramenti nella collegiata di
san Giovanni Battista, nella parrocchia dell’Annunziata, come
missionario di S. Vincenzo nei paesi vicini e nella cappella Maria
SS. Di Costantinopoli. L’obiettivo di don Alfonso era quello di
migliorare la società del suo tempo attraverso l’educazione e la
formazione dei fanciulli: “...affinchè essi da adulti non
diventino piaghe sociali e rovina della famiglia e della società”.
A questo scopo prese in affitto alcune stanze del piano terra nel
cortile Iovine, in via concilio. Il 29 settembre 1889 aprì “
l’opera degli Artigianelli ”, che mise sotto la protezione di san
Michele Arcangelo. All’inizio vi erano solo tre orfani ma subito se
ne aggiunsero degli altri, il numero s’incrementava sempre più,
tanto che ben presto lo spazio non fu sufficiente. Don Alfonso
cercò, invano, dei locali più spaziosi. Alla fine fu costretto ad
ampliare, suo malgrado, la piccola Casa della Provvidenza, nella
parte separata dall’abitazione delle suore e delle orfanelle.
Questa soluzione non fu particolarmente gradita a suor Crocifissa,
che per la prima volta fu in contrasto con don Alfonso. La madre
superiora temeva la vicinanza dei ragazzi alle educande e alle orfane
potesse creare dei problemi. Sicura di non riuscire a persuadere da
sola don Alfonso , si rivolse al vescovo. Don Alfonso non avrebbe mai
voluto lasciare quei fanciulli educati e amati da lui per due anni,
ed anche in questa situazione difficile la Divina provvidenza
intervenne a risolvere la situazione. Nacque infatti la Scuola degli
Artigianelli, un’invenzione della carità del Fusco, per aiutare
concretamente i ragazzi, facendo loro imparare un mestiere e
garantendo loro un posto di lavoro. Questa nuova attività riscosse
molto successo tanto che la scuola si trasformò presto in un vero e
proprio centro diformazione artigiana e tecnica. Fiore all’occhiello
di queste attività tecniche fu la tipografia, che permise al Fusco
di pubblicare molti opuscoli di carattere religioso, per diffondere
il messaggio cristiano. L’amore del Beato Fusco non si limita ai
giovani, ma raggiunse tutte le categorie di persone bisognose d’amore
e carità: nella piccola Casa della Provvidenza vennero accolte
anche alcune creature deformi rifiutate dalla società, come
Rachele, vissuta fino agli anni sessanta. Durante tutta la sua vita,
don Alfonso riuscì a portare il suo carisma in ben 16 città
italiane e nell’America del nord: egli attribuiva il progresso
dell’Istituto a Dio. Egli stesso era solito dire alle suore
Battistine che nel loro progredire c’era il dito di Dio. La Prova
Don Alfonso ringraziava ogni giorno Dio per il progredire quasi
miracoloso dell’ opera e guardava con fiducia lontano... Era
contento e fiero delle sue suore. Ma proprio le più fidate
sollevarono la tempesta della separazione, che fece tremare il cuore
del Padre. Iniziò Sr. Giacinta Ferrara, Superiora di Roma, la quale
agì secondo il proprio arbitrio. Accolse di sua iniziativa le
aspiranti, fece celebrare la vestizione di quattro postulanti. Chiese
la nomina di Don Costantino Fantini a deputato ecclesiastico
dell’Istituto e ne ricevette la lettera dalla Segreteria del
Vicariato. Accumulò denaro dalla questura senza mandare più nulla
al P. Fondatore. Acquistò un terreno in via degli Scipioni con l’
intento di fabbricarvi una casa. Cercò di attirare le suore dalla
parte dicendo loro che la Casa di Roma intendeva fare un Istituto
regolare. In questa sua aspirazione si sentì fortemente appoggiata
da don Fantini e da Monsignor Gagliardi. Ma il colpo più duro gli
venne inflitto dalla suora da lui più stimata e rispettata. Si,
proprio da Sr. Crocifissa, che mal sopportava la fondazione degli
artigianelli. Ella inizia con l’ impedire alla suore questuanti di
portare tutto il ricavato della questura al Padre. Infatti,
segretamente si faceva dare buona parte dei soldi dicendo che doveva
comprare della roba che il P. Fondatore non deve sapere. La notizia
di questo dissidio giunse a Roma e rafforzò Sr. Giacinta nella sua
posizione. Con notevole disappunto Don Alfonso venne a conoscenza
della situazione romana. Il 28 novembre mandò a Roma la Superiora
generale Sr. Crocifissa, per sostituire Sr Giacinta, superiora della
casa con Sr. Artemisia Cirillo. La sorpresa sgradevole fu che Sr.
Crocifissa non ritornò alla Casa Madre, ma si schierò con le
dissidenti, affascinata dal possibile riconoscimento dell’Istituto,
a lei prospettato da Sr. Giacinta, nel caso Don Fantini avesse preso
in mano le redini dell’Istituto. Sr. Artemisia Cirillo, male
accolta e maltrattata, ritornò in Angri e riferì tutto al
Fondatore, il quale paziente e prudente, per non mettere in cattiva
luce Sr. Crocifissa, non avanzò alcuna domanda. Decise di recarsi
personalmente a Roma. Il 19 dicembre giunse in via Germanico e bussò
alla casa delle sue suore, ma queste non gli aprirono la porta. La
suora portinaia finse di non conoscerlo. Don Alfonso insistette
ch’era lui, il Padre, ma la suora rispondo che per disposizione
delle diocesi non poteva accettare forestieri. Il Fondatore stentò
a credere,avrebbe voluto che fosse un brutto sogno. Il suo cuore fu
trafitto dal dolore. Si recò a San Pietro accompagnato dal nipote
Monsignor Del Pezzo, si fermò davanti alla statua di S. Alfonso e
disse: “ Se saprò soffrire come te sarò santo anch’io.”
Andò ad alloggiare prima in un albergo, poi presso i Padri
Redentoristi di San Gioacchino nel quartiere Prati di Castello. Mise
come intermediario di pacificazione il Superiore, il quale si recò
in via Germanico e parlò con Sr. Crocifissa. Dal colloquio con la
suora comprese che le divergenze col Fondatore erano troppo profonde,
consigliò, quindi, Don Alfonso ad esporre il caso al Cardinale
Vicario. Il 6 Febbraio del 1910 chiuse la parabola della sua
appassionata esistenza e vola santamente al cielo. Figlie mie, dal
cielo non vi dimenticherò e pregherò sempre per voi. Un impegno e
una benedizione che le Suore Battistine continuarono a sperimentare.
Dal
sito http://www.alfonsomariafusco.org/
Nessun commento:
Posta un commento